di Claudio Strinati
Italiano
“Anghelopoulos ha la consapevolezza e la qualità di un artista notevole. È sintomatico e emblematico un titolo che ritorna in certe sue opere: il Dio disimpegnato (Disengagement come egli scrive). È l’opposto di quell’idea dell’arte “impegnata” che scaturì in altri tempi specie in ambitob francese nel passaggio dall’Esistenzialismo all’impegno politico, appunto, e che ha prodotto una complessa dialettica nell’arte del ventesimo secolo. È come se Anghelopoulos volesse dirci che la sua opera va nella direzione opposta. (…) Anghelopoulos si sottrae, e lo mostra in visione, al confronto con l’impegno esistenziale per sprofondare in un’ altra dimensione che retrocede rispetto all’ingresso in quello che viene percepito come reale e quotidiano. (…) L’arte di Anghelopoulos sembra mossa da tale istanza. Le sue superfici vengono percepite come graffiate, soffocanti per certi versi, e viene da paragonarle a crateri lunari, visioni satellitari, filamenti celesti, viaggi in mezzo a cieli densi di nuvole pesanti e tempestose. La sua percezione ricorda talvolta Klee, talvolta Rothko. Ma sempre si avverte l’eco, sulle sue superfici, di bagliori che si stanno spegnendo, di visioni in cui non si riesce a scorgere più nulla, di una specie di ritorno al futuro cui sono divertente testimonianza quei curiosi meccanismi, sorta di antichi circuiti stampati di macchine riceventi o trasmittenti, di cui si è persa la memoria precisa. Li fabbrica in legno con gusto sopraffino e in effetti quello che lui chiama il disimpegno di Dio riflette l’impegno dell’artista di immaginare una dimensione non implicante il divino senza poterne tuttavia prescindere. Una curiosa perplessità transita in tutte le sue immagini e ci restituisce la figura di un artista che sa essere serio e ironico nel contempo lasciandoci la più ampia libertà di apprezzamento sul suo lavoro”. (Claudio Strinati, Tra Materia e Anima, tra Memoria e Tempo. A.T. Anghelopoulos e Andrea Pinchi, a cura di C. Strinati, Ed. Cangemi, 2015, pp. 9-15.)
English
“Anghelopoulos possesses the awareness and the quality of an consummate artist. Symptomatic and emblematic of this is a title which often recurs in his works: il Dio disimpegnato (the Disengaged God, as he puts it). It is the opposite of what was once considered “serious” art, which emerged in days gone by in France during the transition from Existentialism to political commitment, which generated a complex debate in twentieth century art. It is as if Anghelopolous is trying to tell us that his art is going in the opposite direction. (…) Anghelopolous subtracts himself and he demonstrates this in his vision, contrasted with existential commitment which precipitates into another dimension which recedes with respect to the advancement of what might be perceived as the real and day-to-day. (…) Anghelopolous’ art seems to be generated on the basis of this thinking. The textures are perceived as if scarred, oppressive, and one is tempted to compare them to lunar craters, satellite images, celestial filaments, voyages through skies thick with heavy, stormy clouds. Occasionally his perceptions remind us of Klee and sometimes Rothko. But always on his canvases we see echoes of blazes which are burning out, visions which we can hardly make out anymore, a sort of return to the future witnessed by those funny mechanisms, similar to old, printed circuitry for transmitters or receivers, of which we no longer have any clear recollection. He fashions them out of wood with exquisite taste and in fact, what he refers to as God’s Disengagement is the mirror image of the artists engagement in trying to imagine a dimension which doesn’t implicate the divine though it can’t possibly do without it. A curious perplexity pervades all his images and shows us an artist that knows how to be serious and ironic at the same time, whilst leaving us the absolute freedom to appreciate his work”.
(Claudio Strinati, Tra Materia e Anima, tra Memoria e Tempo. A.T. Anghelopoulos e Andrea Pinchi, a cura di C.Strinati, Ed. Cangemi, 2015, pp. 9-15.)